Visto che siamo da sempre fan di Syusy Blady e Patrizio Roversi, avevamo pensato di girare "Turisti per casa", la versione per pigri del noto programma di viaggi. Stavamo già scrivendo la sceneggiatura della prima puntata, "
Il giro della cucina in 80 giorni", quando, in un impeto di dinamismo, abbiamo deciso di fare invece il giro del mondo, senza valicare i confini di Milano, vistando l'
Expo 2015.
Descrivere tutto quello che abbiamo visto sarebbe impossibile e ingiusto nei vostri confronti: girare per l'Expo è stato bello soprattutto per le sorprese che ci attendevano ad ogni angolo e no, non parliamo della pioggia che ci ha colti di sorpresa il primo giorno e ci ha fatto tornare a casa fradici e con la bronchite, ma non vogliamo rovinarvi la gioia di scoprirle da soli. Possiamo però dirvi quali padiglioni abbiamo visitato e cosa ci è piaciuto/spiaciuto/lasciato perplessi.
Arrivare all'Expo è facilissimo, se sai come farlo. Il primo giorno, non sapendo dove dirigerci, abbiamo girato i sotterranei della metropolitana tipo "Indiana Giù e il Tempio maledetto" schivando orde agguerrite di visitatori spaesati. Non fate come noi: prendete la metro rossa, scendete al capolinea Rho Fiera e sgambettate verso destra cercando l'ingresso "Triulza" che ci è sembrato l'ingresso più carino e meno affollato.
Indice
- Padiglioni
- Brasile
- Cile
- Corea del sud
- Germania
- Giappone
- UK
- USA
- Cirque du Soleil - ALLAVITA!
- Perplessità e prezzi
- Mangiare all'Expo
Padiglioni
Per chi ne capisce di architettura (non Gu, ad esempio, che da piccolo riusciva a rendere sbilenchi anche i palazzi della Lego seguendo le istruzioni) il solo passeggiare lungo il Decumano, l'arteria principale dell'esposizione, è un'esperienza orgasmica da sindrome di Stendhal. Ogni padiglione ha una struttura diversa, particolarissima, che per lo più rispecchia l'identità del paese che ospita. Per esempio, il padiglione della Corea del Sud ha una linea morbida, bianchissima e futuristica che ben incarna l'ossessione per la tecnologia dei paesi asiatici.
La cosa indispensabile è sapere cosa visitare. Bello passeggiare fra i padiglioni, ma sicuramente vorrete visitare quello che hanno da proporre al loro interno. Pretendere di visitarli tutti rischia di essere frustrante come cercare di stirare una camicia prima di uscire di casa la mattina, quando sei di fretta.
Probabilmente tutti noi avevamo tradotto il tema "
Nutrire il pianeta, energia per la vita" semplicemente con la parola CIBO. Giù, almeno, immaginava che si sarebbe trovata in una sorta di fabbrica del cioccolato, mentre Gu credeva di andare nella versione internazionale della Sagra della Porchetta di Ariccia. Leccornie! Leccornie everywhere!
Con sgomento, invece, abbiamo imparato che lo scopo è informare e far riflettere su argomenti come lo
spreco alimentare, la scarsità di risorse, le colture intensive, le monoculture, l'allevamento selvaggio del bestiame, l'utilizzo di pesticidi etc. etc., tutte cose che stanno condannando il pianeta. Non vogliamo turbare i più sensibili, ma potreste sentire parlare di scoregge di mucche.
Noi abbiamo visitato i padiglioni su cui c'era più hype. Di seguito i nostri giudizi e il gradimento espresso con l'unikittometro (come da tradizione da queste parti) con un voto da 0 (meglio visitare nonna in ospizio) a 5 (voglio vivere in questo padiglione).
Carciofi in Vaticano? Forse un riferimento biblico?
La sua rete elastica in canapa è certamente fra le cose più fotografate dell'Expo e per un motivo giustificatissimo. Camminando per il Decumano è impossibile che non catturi la vostra attenzione, anche perché i vostri bambini inizieranno a urlare estatici "
Voglio andare! Voglio andare! Voglio andare!". Visto che noi non avevamo bambini, l'ha urlato Gu e Giù, con pazienza, gli ha preso la manina e ve lo ha portato.
Giudizio di Gu:
Nella parte interna del padiglione ci sono varie cose che non mi hanno impressionato particolarmente, forse perché il messaggio "Sfamare il mondo con soluzioni" non era chiarissimo o più probabilmente perché io l'ho visitato distrattamente con il pensiero rivolto a quando sarei andato a fare Tarzan sulla rete. Ad ogni modo, un must.
Giudizio di Giù:
La premessa è che giudicherò i padiglioni in base all'attinenza con il tema. Questo padiglione mi ha ricordato certe installazioni viste al Fuorisalone del Salone del Mobile di Milano. Qual è la connessione fra una rete elastica e le opere viste all'ingresso?
Che poi il Brasile non è famoso per la "ceretta brasiliana"? Quel cespuglietto è culturalmente inesatto
Non ha catturato la mia attenzione, colpa mia? Colpa del Brasile? Chi può dirlo! Forse ero terrorizzata all'idea di camminare sulla rete elastica... Sono grata, però, di aver saputo che ananas in portoghese si dica "abacaxi" e abacazzi è il modo in cui chiamerò il frutto d'ora in poi.
perplessi
Visto che gli abissi della nostra ignoranza non hanno mai intravisto la luce della sapienza, del Cile sapevamo solamente che è lungo e stretto. Durante la visita a questo padiglione abbiamo scoperto, grazie ad una serie di video, che è anche è un importante paese produttore di
vino e che (sorpresa!) l'Isola di Pasqua, sebbene sia geograficamente in mezzo al nulla, tipo il Molise ma nell'oceano, politicamente è cilena.
All'esposizione si accede tramite un
tapis-roulant nel quale si ascolta un poesia in spagnolo. Da qui le luci soffuse, la voce sensuale, le musiche eteree, accompagnano il visitatore in una dimensione onirica che ha come climax la proiezione, su uno schermo gigante che non ci spiacerebbe avere in casa per giocarci con l'Xbox, di un video artistico piuttosto concettuale che illustra un viaggio ideale che parte dall'universo e arriva al Cile e poi si vedono i contadini, l'uva, l'acqua, le cose, i Pokémon. No, forse i Pokémon no. La guida ha tenuto a specificare che le genti cilene fanno tutto con passione "anche el amor" e Giù ha commentato che non lascerà mai andare da solo Gu in Cile.
Giudizio di Gu:
Ho trovato il padiglione è un po' troppo da "pro-loco Cile": invogliava più a visitare il paese che a riflettere sul delicato tema della nutrizione. La poesia però mi è piaciuta moltissimo, anche se di spagnolo so dire solamente: "Una cerveza, por favor".
Io, che sono un grezzo edonista, ho molto apprezzato la parte più "commerciale" e mangereccia del padiglione che ospita un fast food tutto costruito in legno. Non abbiamo mangiato lì, ma gli odori che venivano dalla cucina erano davvero invitanti e i piatti avevano nomi esotici tipo il dolce " Mutande rotte": un evidente riferimento al proceso riproductivo pasionario dei cileni.
Giudizio di Giù:
Nemmeno il Cile, in realtà, mi sembra abbia centrato l'obiettivo, a meno che non fosse quello dell'autopromozione. C'è da dire che lo scopo è stato cannato in maniera così figa che io adesso penso solo ad andare in Cile.
Riguardo al negozio con prodotti tipici, avrei comprato tutto, ma non me la sono sentita di spendere 7 euri in caramelle solo perché la scatola era carina, ma questo non mi ha impedito di instagrammarla.
turistici
Il padiglione, dal punto di vista meramente estetico, è uno spettacolo.
Siamo stati alla Biennale di Venezia qualche settimana fa (ne parliamo
qui) e per molti aspetti lo spazio coreano sembrava un salone d'arte.
L'esposizione è suddivisa in aree piene di installazioni incentrate sul tema "
Siamo ciò che mangiamo" (Giù ha subito individuato la scritta
caponata su una parete con diversi nomi di pietanze e l'ha preso come un segno).
Viene presentata la cucina
Hansik (quella tradizionale) come il cibo del futuro, per le sue riconosciute proprietà benefiche e anticancro (la Corea ha infatti il più basso tasso al mondo di casi di cancro al seno e il dato sarebbe legato alla conservazione dei cibi tramite il processo di fermentazione).
Giudizio di Gu:
Questo è uno dei padiglione che mi ha fatto davvero esclamare "
Wow!". L'Oriente esercita un fascino particolare su di me dai tempi in cui leggevo manga, guardavo anime e sfogliavo riviste di signorine asiatiche discinte, in bagno, quindi sono di parte.
Ho apprezzato il fatto che il messaggio fosse semplice e interessante (perché non provare ogni tanto la cucina coreana, salutare e rispettosa della natura, oltre che ottima?) e convogliato con chiarezza ed efficacia nella mostra. Alcune parti sono più concettuali, altre più dirette.
Qui abbiamo provato qualche piatto coreano e ho scoperto quella che potrebbe diventare la mia bevanda dissetante preferita, il
Lemon Micho Ade a base di aceto di limone.
Giudizio di Giù:
Il mio parere è sulla stessa lunghezza d'onda di quello di Gu, anche se io non guardavo i giornaletti porno. Il padiglione è uno di quelli che hanno centrato meglio l'obiettivo e l'hanno fatto proponendo installazioni dal reale valore artistico. Un unikitty speciale è dedicato alla guida con fattezze coreane, ma dall'accento alla Corrado Guzzanti essendo cresciuto a Roma. L'ho fotografato per voi
Corrado Korea Guzzanti e il cantante di Gangnam style
fermentati
Per quello che abbiamo visto, la Germania ha uno dei padiglioni più grossi. Tutto l'impianto della mostra,
Fields of ideas, è ad alto contenuto tecnologico e interattivo.
All'ingresso danno una
Seedboard, in pratica un tablet, ma molto più sostenibile in quanto è solo un pezzo di cartone. La Seedboard servirà durante la mostra perchè vi verrano proiettate "cose" didattiche.
Bello, ma abbiamo cercato di installarci
Angry Birds e non funzionava, quindi continuiamo a tenerci l'iPad.
I temi sono: ambienti climatici, biosfera, inquinamento e un milione di altre cose, una puntata di SuperQuark, in pratica, ma senza Piero Angela e voi sapete che SuperQuark, senza Piero Angela, non è lo stesso. C'è la "
spesa del futuro", c'è l'ecologia, una serra, c'è lo spettacolo finale musicale un po' kitsch, per usare un termine non impropriamente tedesco.
Giudizio di Gu:
L'impressione è la che Germania abbia voluto fare di tutto un po' e quindi si è immersi in un ambiente che bombarda di informazioni, andando contro la regola aurea
less is more.
Rimane uno dei padiglioni meglio realizzati che abbia visitato. L'investimento della Germania è palese e traspare dalla cura maniacale con cui è organizzata l'esposizione. Se avete dei bambini o se state organizzando una gita scolastica, aggiungete pure tranquillamente un mezzo unikitty al mio voto, perché, dal punto di vista meramente didattico, credo sia il padiglione di maggior valore. Ma cosa volete che ne sappia io? Ho ripetuto tre volte la seconda elementare.
/
Giudizio di Giù:
Penso che questo sia un padiglione pensato per i bambini: la Seedboard, l'ombrello che una volta aperto mostrava un video all'interno, la parete disegnata ad ortaggi da colore, il finto carrello che scannerizzava i cibi sugli scaffali con le informazioni sui prodotti (io mi sono informata sulle proprietà nutritive delle caramelle: contengono coloranti, se sono naturali tutto a posto, se artificiali morirete nel giro di poco, cari i miei bambini!) e anche lo spettacolo finale con le canzoni e i battimani. Forse l'unica cosa pensata per gli adulti era la sala adibita a serra piena di piante e dove ho scoperto che i
crauti non crescono accanto alle piante di wurstel. Se fossi una bambina darei 5 unikitty entusiastici, se fossi un'adulta e l'ultima volta che ho controllato lo ero:
nostalgici
Ci siamo. È uno dei padiglioni dei quali si parla di più e quello su cui avevamo maggiori aspettative. L'
hype è giustificato? Assolutamente.
Il Giappone ha fatto un lavoro eccellente sotto ogni punto di vista. Il padiglione è bello, con la sua struttura di travi in legno incrociate e al suo interno la mostra è interessante, divertente, uno spettacolo da fotografare. È tutto incredibilmente giapponese, a cavallo fra cose
kawaii (il fatto che ci sia Hello Kitty come ambasciatrice del padiglione la dice lunga), tecnologiche e tradizionali.
Giudizio di Gu:
Se ben ricordo, la parola Instagram viene dal giapponese e significa "Peccato dover mangiare questo piatto". Il tasso di instagrammabilità della cucina nipponica è elevatissimo e ci si può riempire la fotocamera di immagini favolose già solo percorrendo la sala in cui sono esposti i cibi tradizionali. Il percorso è lungo e articolato, non sempre organico, ma assolutamente interessante. Le cose più belle: la sala oscura con le fantasmagorie che indicano il passare delle stagioni; il
fast food; il video "zen" introduttivo; il fast food; lo spettacolo finale con un ristorante virtuale; il fast food.
Ah, dimenticavo: non scordate di provare il fast food presente nel padiglione, vi ho mangiato il miglior
katsu curry della mia vita!
Giudizio di Giù:
Rispecchia la percezione che ho del Paese e dei suoi abitanti: elegante, tradizionale, ma anche kitsch e moderno. Ci sono sale animate in modo da far pensare a un film di
Mijazaki e un tunnel ricoperto di pannelli pieni di cibi tipici, tutto bianco e futuristico. Poi si arriva al “ristorante del futuro" in cui una ragazza vestita come Effie di Hunger Games e il sosia di Mariano Di Vaio ti invitano a giocare con lo schermo interattivo posto ad ogni tavolo, mentre le cameriere girano su quelli che sembrano proprio essere dei cessi motorizzati. Per un attimo ho pensato che nel futuro i cibi ci saremmo limitati solo a guardarli, però poi ti accompagnano fuori dove ti aspetta il “
fast food in cui si mangia davvero davvero".
Meraviglioso.
con gli occhi a mandorla
Questa è una delle strutture più complesse: ha richiesto sei mesi per la realizzazione e altrettanti serviranno per smontarla. Il Regno Unito ha scelto di sviluppare un tema specifico, quello dell'impollinazione. Proprio così: "il discorso delle api e dei fiori".
Prima di arrivare al "padiglione", il visitatore si trova ad attraversare un giardino che rispetta la
biodiversità, fattore fondamentale per la salute delle api (ricordiamo che fu Einstein a dire “Se l'ape scomparisse dalla faccia della Terra, all'uomo non resterebbero che quattro anni di vita" e di Einstein noi ci fidiamo). Il padiglione in sé consiste in una struttura in metallo che rappresenta un alveare stilizzato; luci e suoni, una volta dentro, variano a seconda del rumore che fa, live, uno sciame d'api situato a Nottingham. Una cosa complicata da spiegare, ma dal vivo davvero impressive.
Non ci siamo persi una parola della guida, ma al "Nottingham" Gu ha iniziato a canticchiare le canzoni di Robin Hood della Disney e "ciaone" come si suol dire.
Giudizio di Gu:
È fra i più belli che ho visitato? No. Però noi siamo stati accompagnati da una guida fantastica, molto comunicativa e simpatica, che trasmetteva il suo sincero trasporto per il messaggio del padiglione con un entusiasmo contagioso. Prima della visita sapevo solamente che esistono due razze di api: la Maya e la Magà (ah ah ah!), ma grazie al padiglione ho effettivamente imparato molto. La struttura, dal punto di vista ingegneristico, è super interessante e trovarvisi al centro vi farà sentire davvero delle api. Ero così entrato nella parte che uscendo ho sputato per terra per vedere se veniva fuori miele, ma niente.
Giudizio di Giù:
Quando ho letto che Gu non pensava fosse il padiglione più bello volevo colpirlo con un giornale in testa. Stiamo parlando di questa cosa qui:
fonte: Instagram @ukpavilion2015
Io l'ho semplicemente adorato, è geniale!
Il padiglione è arte, il tema è sviluppato in maniera originale, apprezzo il fatto che per migliorare il pianeta non si pensi di chiedere aiuto alla tecnologia, ma si proponga di tornare a metodi naturali. Infine (cosa per nulla scontata) è anche veloce da visitare! Che volete di più?
estasiati
Il padiglione statunitense è uno dei più imponenti. Una parete rappresenta la bandiera americana, gli altri lati consistono in giardini verticali, la struttura all'interno è tutta in legno riciclato e restaurato. Cosa offra nello specifico cerchiamo di spiegarvelo (e spiegarcelo) nei giudizi.
Giudizio di Gu:
Sicuramente avrete sentito parlare degli USA, questo ampio paese popolato da attori di Hollywood e animali parlanti la cui ricchezza deriva per lo più dall'esportazione di prodotti tipici come Halloween, Batman e la democrazia.
Riguardo la nutrizione in questo paese potreste essere stati soggetti a qualche pregiudizio, come il fatto che i piatti della tradizione siano hamburger e ciambelle e che Homer Simpson sia il prototipo dell'uomo statunitense in forma.
Forse il tentativo di sfatare questi miti è presente nel padiglione, ma in maniera troppo blanda.
La mia impressione è che non ci abbiano creduto abbastanza. Sostanzialmente, per quello che ho visto, l'esposizione sembrerebbe comporsi di tre parti:
- Una stanza in cui Obama dice "Welcome!" da un grosso schermo e poi ci sono altri schermi che danno informazioni su questo e quello e un videogioco educativo a cui francamente preferisco Super Mario che mi ha insegnato già in tenera età che le tartarughe sono malvagie e devi saltarci sopra per annientarle.
- Un lungo corridoio in cui si alternano micrometraggi animati che parlano di pasta con polpette e altri cibi americani facendo venire una certa fame. Ora, credo che gli Stati Uniti abbiano inventato l'animazione persino prima che il Giappone scoprisse I Cavalieri dello Zodiaco, quindi nulla di sorprendente nel fatto che questi cartoni siano simpatici e ben fatti.
- Una stanza con delle foto e le targhe di tutti (tutti!) gli stati che compongono questa grossa nazione.
Come bonus potete ammirare una cosa verde metallica che forse è un grosso motore, forse un attrezzo agricolo per la raccolta delle pannocchie, forse un silk epil per King Kong. Non so, per impressionarmi avrebbe dovuto muoversi e rivelarsi un Transformer.
Una cosa assai bella di questo padiglione è il campo verticale, una parete della struttura completamente rivestita di verza e altri ortaggi che uno si chiede "Ma come può rimanere appiccicata lì? Come?!?", ma poi si ricorda che sono americani e possono.
L'altra cosa degna di nota è la
Food Truck Nation, i furgoncini che spargono odore di barbecue nella zona e che fanno salire la fame di costolette anche alle dieci di mattina. Non ci ho mangiato, ma appena tornerò all'Expo sarà una tappa obbligata.
In sostanza, una grossa delusione, un'occasione che questa nazione, così ricca di mezzi, avrebbe potuto sfruttare assai meglio.
Giudizio di Giù:
Io adoro l'America e gli americani, sono cresciuta guardando telefilm e questo ha distorto ogni mia convinzione sul reale (quindi grazie US se adesso la realtà mi annoia).
Li difendo anche quando sono indifendibili e io, che non provo molto spesso invidia, gli invidio la capacità di credere nella loro nazione. Halloween è la mia festa preferita da quando avevo 10 anni e costringevo mia cugina a vestirci da streghette e passare il pomeriggio a spiegare ai vicini perchè volevamo le loro caramelle. Nonostante ciò, però, il padiglione, sebbene sia molto bello esternamente, all'interno non mi ha convinto.
Dei tanti video tematici ricordo quello incentrato sul
Thanksgiving con un tizio che entrava in diverse case inseguendo qualcosa e la gente invece di sparargli lo invitava a mangiare con loro. Anche per me il marchingegno all'ingresso era un mistero, ma ho deciso che fosse la macchina per trasformare i rifiuti in concime e me ne sono andata più serena.
per le pareti pratose
Nell'arena presente all'interno dell'area espositiva è possibile assistere allo spettacolo ALLAVITA! del Cirque du Soleil, uno spettacolo appositamente ideato e realizzato per l'Expo. Vale la pena vederlo?
Giudizio di Gu:
È stato un errore. No, non assistere allo spettacolo, ma predisporre l'unikittometro perché il massimo delle tacche fosse cinque. Questo show ne meriterebbe almeno sei o sette. Da anni desideravo vedere il
Cirque du Soleil, e avere il privilegio di assistere alla prima dello spettacolo dai posti in seconda fila è stato più emozionante di trovare una banconota da 10 euri nel cappotto dopo il cambio di stagione. Tutto è perfetto, un macchina magnifica in cui musiche, coreografie, costumi, luci, scenografie lavorano insieme per presentare uno spettacolo che coinvolge i sensi, emoziona, diverte e sorprende. Non posso fare a meno di consigliarlo. Particolarmente impressionanti sono i fisici dei ballerini, alcuni persino più fisicati di me (autoironia mode ON). L'unica piccola pecca è forse rappresentata da una parte "comica" e fuori contesto con dei cuochi buffi che non mi è particolarmente piaciuta, ma suppongo fosse strumentale al guadagnare tempo per consentire i cambi di scena e costumi. Considerate però che la gente intorno a me aveva attacchi di riso incontrollabile, quindi forse il problema sono io.
Giudizio di Giù:
Non sono la persona migliore per dare un giudizio. Lo spettacolo de Le Cirque du Soleil, per me sempre stati "quelli che si arrampicano", non è il mio tipo di intrattenimento preferito.
Quando guardo uno spettacolo ho bisogno di una trama, sennò continuo a chiedermi “
di che parla?", “questo cosa c'entra?", “perché fanno questa cosa qui, sono stupida io o cosa?". E poi ho paura delle altezze, non tanto da avere gli attacchi di panico o le vertigini, ma abbastanza dal farmi sudare le mani. Io, che mi identifico in quello che vedo, non sto troppo bene pensandomi a tre metri di altezza.
Però una volta abituatami all'idea che andava bene non capire e vedendo che nonostante le leggi della fisica gli artisti non si schiantavano al suolo, non sono più riuscita a smettere di stupirmi di quanto sembrassero maestosi e di come durante le acrobazie fossero leggiadri e pieni di grazia, due concetti che non mi appartengono proprio.
Per di più la
Canon, che mi era stata messa a disposizione per il progetto Come and See, faceva sembrare la realtà ancora più bella e credo di avere scattato un milione di foto.
Conclusione: la sensazione che il tempo sia volato come volavano loro.
acrobatici
Il biglietto intero costa
35 euri (sul
sito dell'Expo, ovviamente, sono elencate le riduzioni per famiglie, bambini, anziani e studenti, convention di alieni e pastafariani).
Rispondendo subito alla domanda che vi starete facendo: "
La fiera vale il prezzo del biglietto?". Dipende.
35 euri non sono pochi, ma l'esposizione è talmente grande, ben organizzata e piena di meraviglie che viene quasi da pensare che siano pochi. Il problema è che la fiera è
così tanto traboccante di cose da vedere che sicuramente in un giorno non riuscirete ad apprezzare tutto quello che ha da offrire. Il carnet da 3 giorni potrebbe essere un buon investimento. Se abitate dalle parti di Milano, come noi, potete prendere in considerazione il Season Pass (90 euri dopo la prima visita) che vi garantirà libero accesso all'Expo per tutta la sua durata. Quello che sicuramente sfrutteremo è il biglietto serale da 5 euri, valido dalle 19 alle 23 (fino alle 24 nei weekend), con cui si può fare un giretto in Fiera e magari cenare in uno dei mille ristoranti come alternativa all'ordinare una pizza a casa o ustionare le spinacine nel microonde.
Sull'internet girava la foto di uno scontrino dell'Expo con piatti da 150 euri o giù di lì. Viene fuori che lo scontrino faceva riferimento al ristorante di lusso giapponese che è una succursale temporanea di uno dei più antichi del Giappone nel quale pranza anche l'imperatore. Come dire, vieni in Italia, ceni da Cracco e te ne vai con l'impressione che nel nostro belpaese sia impossibile mangiare con meno di 300 euri a persona.
Per quello che abbiamo visto i prezzi sono in linea con quelli soliti di Milano e per chi viene da fuori la traduzione potrebbe essere: sono cari. Nella maggior parte dei ristoranti nei quali abbiamo buttato un occhio, etnici e non, è possibile trovare piatti unici da una decina di euri. In Cile, per esempio, c'erano
empanadas, dolci vari eccetera con prezzi intorno ai 6-8 euri. Prezzi simili nei tanti ristoranti italiani di varia fascia gestiti da Cirfood.
Il nostro resoconto finisce qui. A noi Expo ci è piaciuta molto e torneremo ancora, ma quando le nostre gambe doloranti si saranno rimesse completamente. Stando all'app del telefono, infatti, in tre giorni abbiamo fatto 30.000 passi e noi abbiamo una certa età.
Vi lasciamo con una foto di noi con i nostri amichetti e compagni di viaggio mentre ci riscaldiamo con litri di alcol sulla terrazza Martini.